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a San Giorgio di Nogaro e dintorni
In canoa, lungo il fiume Corno
alla scoperta dell’ambiente intorno al Centro Canoa e Canottaggio sangiorgino
Il Corno è un fiume di risorgiva, caratteristico della Bassa Friulana, che sgorga dal suolo nel territorio di Gonars e in tanti piccoli rivoli.
Man mano che prosegue il suo scorrere verso la Laguna, si ingrossa e passa per Castello, Porpetto, San Giorgio, Villanova e Nogaro, dove c’è il vecchio porto e dove ebbe inizio la storia del canottaggio in terra friulana.
Per arrivare a Nogaro il fiume ha percorso una diecina di chilometri e deve farne altri sei, per sfociare nella laguna dove, unito all’Ausa proveniente da Cervignano, le sue acque si mescolano a quelle salmastre, per poi fluire nell’Adriatico, passando fra Porto Buso e l’isola di Sant’Andrea.
Ecco dunque una descrizione del fiume utile a chi vuole discenderlo in canoa a scopo turistico.
Dopo aver perlustrato la zona alta del Corno nel territorio di Gonars ci si rende conto che il tratto a monte dei mulini non è praticabile neanche alle canoe a causa della scarsità d’acqua.
I tre mulini sono ormai soltanto un ricordo per le persone più anziane.
Al quarto mulino, chiamato Candotto, il fiume comincia già ad avere un flusso consistente, ma sotto di esso c’è un allevamento di trote e perciò anche questa zona non è accessibile alle canoe.
Il tratto di fiume da dove si può dare inizio alla discesa in acqua senza difficoltà è l’area in località Castello, immediatamente prima del ponte della strada provinciale, nei pressi della chiesa.
Da qui facciamo scivolare le canoe in acqua, che è limpida ed abbastanza profonda.
Subito proviamo la piacevole sensazione di lasciare il centro abitato e le strade per immergerci nel lento scorrere del fiume, che con tranquilla silenziosità lambisce i cortili delle abitazioni che s’intravedono oltre la cortina di salici ed ontani.
Le acque sono fresche e limpide, ci sono diverse trote, che spiccano sul verde delle piante acquatiche.
Procedendo silenziosamente si passa sotto il ponte dell’autostrada e poco dopo si scorge il campanile della chiesa di Porpetto, che si trova sulla destra immediatamente prima del ponte del paese e poi dei cortili, che arrivano fin sul fiume finchè, allontanandosi dal paese, la cornice arborea si fa più densa ed ogni tanto s’intravedono campi verdi coltivati a mais e soia.
Qualche meandro che rallenta la corrente, mai troppo veloce da destare preoccupazione, ma sufficiente perché la discesa sia poco faticosa.
Basta pagaiare senza forza, guardandosi intorno, per godersi la tranquillità e la bellezza del fiume.
Non facciamo rumore e sentiamo gli uccelli cantare indisturbati. Un bel picchio verde sta perforando un tronco con il suo becco, un martellante tac..tac..tac come raffiche.
Passiamo davanti ad una vecchia quercia dove la scorsa primavera, durante una passeggiata in bicicletta, ho potuto godermi la bellissima scena di una coppia di scoiattoli che si rincorrevano spensieratamente su e giù per il tronco senza preoccuparsi della mia presenza.
Subito dopo la quercia troviamo il fiume sbarrato da un grosso albero caduto di traverso, che ci costringe a trasbordare.
Le rive sono basse, appena sopra il livello del fiume e non troviamo difficoltà a trascinare le canoe per una ventina di metri, se non per qualche rovo e delle ortiche. Ritorniamo in acqua e dopo qualche minuto soltanto intravediamo avanti a noi il ponte Stali e una fila di bandierine colorate, che forse segnano il traguardo per la gara delle batele, che i porpedani fanno annualmente.
Il ponte è troppo basso sull’acqua per arrischiare a passarci sotto, così siamo costretti a risalire sulla riva e ci troviamo sulla vecchia strada che da Porpetto porta a Chiarisacco.
Ispezioniamo il fiume subito dopo il ponte: è bello largo e abbastanza profondo, ma una cinquantina di metri più avanti uno sbarramento in cemento e ferro non consente il proseguimento in canoa.
La maggior parte delle acque del Corno sono deviate per alimentare un grosso allevamento di trote mentre un rigagnolo soltanto riesce a superare lo sbarramento per proseguire nel vecchio letto. Il fiume così ridotto sparisce alla vista e la vegetazione ha ormai occupato lo spazio che prima era delle sue acque.
Siamo pertanto costretti a proseguire a piedi lungo la strada in direzione Chiarisacco, portandoci dietro le canoe per circa un chilometro, fin dove le acque, che escono dall’allevamento di trote, passano da una griglia e ritornano nel letto del Corno ricongiungendosi al corso naturale.
Il fiume, immediatamente, ritorna a prendere dimensioni e apparenze rispettabili, ideali per la discesa in canoa.
A monte della stazione di rilevamento troviamo un posto dove poter rimettere le canoe in acqua e proseguire nella discesa.
Il Corno è di nuovo inserito in una cornice di verde, che lo separa dai campi coltivati, ed è un piacere far scorrere la canoa nelle sue fresche acque mentre l’estate caldissima e secca fa boccheggiare persone e piante, soltanto a pochi metri dalle rive.
Troviamo qualche albero caduto di traverso sul fiume ma riusciamo a proseguire senza difficoltà.
Arrivati a Chiarisacco, scendiamo dalle canoe nei pressi del ponticello di legno e risaliamo i gradini, che portano sulla piazzetta dove ci facciamo una bella bevuta alla vecchia fontana. Ci pare il posto ideale per una breve pausa.
Riprendiamo la discesa, passando sotto il nuovo ponte sulla statale 14 ed anche sotto quello vecchio, attiguo. Sulla destra il Corgnolizza s’immette nel Corno, aumentandone la portata notevolmente, poi i grandi alberi del parco Vucetich, che la strada verso la zona industriale ha diviso in due parti; una che dà sul fiume e l’altra a ridosso della Villa Dora, sede della biblioteca comunale. Sulla sinistra si notano gli orti delle abitazioni di Chiarisacco ed i silos della vecchia falegnameria Sguazzin.
Dopo qualche meandro contornato da iris e non-ti-scordar-di-mé, passiamo sotto il ponte di ferro della ferrovia e poi, in poco tempo, arriviamo in quel di Villanova.
Subito dopo il ponte, sulla sinistra, c’è il nuovo giardinetto a fianco della chiesa, mentre sulla destra c’è un’imbarcazione di ferro dell’Impresa Taverna.
Proseguiamo: sulla destra si intravedono i resti di una vecchia barca di legno, poi la chiesetta di Porto Nogaro ed i primi motoscafi attraccati ad un’esile banchina di legno. Dopo una curva, sulla destra, notiamo il capannone dei Portuali e subito dopo ci troviamo sotto le fiancate di una nave: siamo a Porto Nogaro.
In fondo alla banchina in cemento ci apparire il vecchio capannone, che per diversi anni è stata la sede del DLF – canottaggio sangiorgino. Di fronte, sulla sinistra, c’è la vecchia caserma del Genio Pontieri, ora occupata dalla Protezione Civile; di qua e di là del fiume si trovano gli ultimi alberi di quella che era la vegetazione naturale, che contornava il fiume lungo il suo breve tragitto dalle risorgive sotto Gonars fino alla laguna.
Sulla destra la darsena del vecchio deposito carburanti della Moncisa e sulla sinistra quello della Masotti, ambedue ormai abbandonati.
Poi il fiume, tutto ad un tratto, cambia il suo aspetto: canalizzato, raddrizzato ed approfondito, si allarga notevolmente e la corrente non si sente più.
Avanti a noi si può vedere un rettilineo di 2 km, ideale per le gare di canoa e canottaggio e sulla sinistra la bella sede del Canoa San Giorgio, la nostra meta.
Avanti a noi la sponda destra del fiume, recentemente raddrizzata e consolidata con pali di legno, migliorie apportate per poter ospitare manifestazioni internazionali.
Sulla sinistra lo Zumello s’immette nel Corno; oltre si vedono i campi coltivati dell’azienda Torvis che arrivano fino alla confluenza col fiume Ausa: è terreno di bonifica, protetto da un alto argine, per prevenire allagamenti durante le mareggiate, che innalzano il livello del Corno al di sopra del piano di campagna.
Sul lato destro del Corno c’è la darsena del Cantieri Marina e poi la banchina del Bacino Margreth dove attraccano navi provenienti da tutto il Mediterraneo, dal mar Nero e da altri porti ancor più lontani. Sempre sulla destra troviamo i grandi capannoni delle aziende insediate nella Zona Industriale, che arriva fino alla foce del fiume, dove ha inizio la laguna, che il canale divide in due: sulla sinistra quella di Grado e sulla destra quella di Marano.
In effetti, il Corno assieme all’Ausa prosegue il suo corso nel canale, delimitato dalle briccole, che attraversa la laguna per sfociare nell’Adriatico fra le isole di Porto Buso e di S. Andrea, portando a termine la sua corsa verso il mare in un percorso totale di circa 20 km.